Luci e ombre della nuova stagione televisiva: De Martino debutta su Rai 1, mentre Stranger Things perde la bussola

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Il panorama televisivo autunnale si apre all’insegna dei grandi cambiamenti e delle riflessioni sul destino delle serie cult. Se da una parte la televisione pubblica italiana celebra un importante passaggio di testimone nell’access prime time, dall’altra le produzioni internazionali mostrano i segni del tempo e di una grandiosità che rischia di soffocare la narrazione originale.

Il nuovo corso di Affari Tuoi

L’attesa è finita per il pubblico di Rai 1: questa sera, 2 settembre, alle 20:30, si alza il sipario sulla nuova edizione di Affari Tuoi. La vera novità non risiede tanto nel format, quanto nel volto che accoglierà i telespettatori: Stefano De Martino. Per il conduttore campano si tratta di una vera e propria svolta professionale, essendo la prima volta che si trova alla guida di uno dei titoli di punta della rete ammiraglia. L’emozione è palpabile e lo stesso De Martino non ha nascosto il peso della responsabilità, paragonando Rai 1 a una “grande nave” su cui si appresta a salire con enorme entusiasmo. L’obiettivo dichiarato è quello di trovare una propria cifra stilistica, costruendo un percorso personale passo dopo passo, consapevole che si tratta di una maratona lunga e non di uno sprint.

Novità nel meccanismo e il passaggio di consegne

Nonostante il cambio di conduzione, lo scheletro del programma rimane fedele alla tradizione. I celebri 20 pacchi, custodi di premi che arrivano fino a 300 mila euro, restano il fulcro del gioco, ma non mancano aggiornamenti interessanti. Ritorna il “telefono rosso” per le trattative con il Dottore e viene introdotta la variante delle “Carte”, un elemento capace di stravolgere la partita offrendo cambi pacco o offerte in denaro. Per prepararsi al meglio, De Martino ha studiato a fondo le edizioni passate e ha cercato un confronto diretto con il suo predecessore. Amadeus, infatti, gli ha dispensato preziosi consigli, rinnovando una sorta di staffetta portafortuna già avvenuta con Stasera tutto è possibile. A margine della presentazione, il conduttore ha anche liquidato brevemente le voci su Arianna Meloni con un secco “Non la conosco”, preferendo concentrarsi sul lavoro.

Il paradosso di Stranger Things

Mentre la televisione generalista italiana cerca freschezza, oltreoceano si consuma il lento declino di un gigante dello streaming. Analizzando la quinta e ultima stagione di Stranger Things, sembra quasi impossibile ricordare la magia degli esordi. Un ipotetico viaggiatore del tempo arrivato dal 2016 farebbe fatica a riconoscere la serie che aveva conquistato il mondo grazie a una nostalgia anni ’80 genuina e curata. All’epoca, i fratelli Duffer avevano trattato l’immaginario di Spielberg e Stephen King con riverenza, raccontando la perdita dell’innocenza di un gruppo di ragazzini di fronte agli orrori – soprannaturali e non – dell’età adulta. Quell’atmosfera intima, quasi artigianale, sembra ormai svanita.

Budget stellari e problemi narrativi

Il successo planetario ha garantito agli showrunner risorse praticamente illimitate: si parla di un costo di circa 480 milioni di dollari per la nuova stagione, una cifra dieci volte superiore a quella del debutto e più alta di molti blockbuster cinematografici. Eppure, paradossalmente, a questo aumento di scala corrisponde un restringimento dell’orizzonte narrativo. La trama ci porta in una Hawkins, Indiana, in quarantena militare, isolata dal resto del mondo da una spiegazione di comodo governativa per coprire i disastri provocati da Vecna. La serie stessa appare sigillata in una bolla senz’aria, intrappolata in una mitologia contorta e personaggi stagnanti.

La difficile gestione del tempo che passa

Il salto temporale di quattro anni, che porta l’azione alla fine del 1987, non basta a colmare l’evidente divario anagrafico tra gli attori e i loro ruoli. Caleb McLaughlin, ad esempio, ha ormai 24 anni, ben otto in più del suo personaggio Lucas, e tentativi come quello di nascondere la crescita di Noah Schnapp sotto strati di vestiti larghi appaiono vani. Sono passati dieci anni dall’inizio delle riprese e tre dall’ultima stagione, e la serie sembra non voler affrontare le implicazioni realistiche di una cittadina del Midwest isolata dal governo per quasi un anno. Quello che doveva essere uno sconvolgimento globale – l’esistenza del Sottosopra resa pubblica – viene liquidato sbrigativamente con l’immagine di un “cerotto di metallo gigante” usato per coprire le spaccature nel terreno, ormai diventate parte di una quotidianità quasi banale per i protagonisti.